mercoledì 18 dicembre 2019

Biografia

Chiara Taormina nasce a Palermo nel 1973 dove vive e lavora.
2013 Cammy e il tempio del sole (Edizioni Il Ciliegio)
2014 Zeus e la sua magica avventura (Edizioni Il Ciliegio)
2016 Cammy e i pirati dell’ovest (Edizioni Il Ciliegio)
2016 Antologia haiku Hanami estate (Edizioni della sera)
2016 Antologia Haiku tra meridiani e paralleli (Fusibilia Edzioni)
2017 Ruggero e la macchina del tempo- edizioni Il Ciliegio, con la speciale prefazione di Luis Sepúlveda
2018 Sam Paprika, cacciatore di fantasmi Nulla Die  edizioni 
2019 Ruggero, Arianna e l'orchidea magica Pedrazzi edizioni

Ruggero, Arianna e l'orchidea magica

La vita scorre tranquilla nella Selva dei Conigli, invisibile all’occhio umano grazie a un incantesimo della fata Vispesia. Ma quando, un giorno, il coniglietto Ruggero e il pulcino Samù decidono di scoprire il mistero dell’albero fatato, le cui fronde emettono una radiosa melodia, inizia una nuova avventura. Un mago e una strega malvagia attentano alla pace di tutte le terre: l’unica speranza è in un fiore magico, l’unico che ha il potere di mutare i cuori dei perfidi nemici. Sarà l’incontro con Arianna, ragazzina dal cuore buono e generoso, la chiave di volta dell’intera vicenda. La fantasia vola libera in questa fiaba di amicizia, di coraggio oltre ogni pericolo, ma anche di perdono e redenzione.

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Ruggero e la macchina del tempo

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 ILconiglio Ruggero e il suo amico pulcino Samù vivono felici nella Selva dei Conigli.
Un giorno, in una collina poco distante, incontrano il coniglietto Ciuffo che è tristissimo perché è stato abbandonato dai suoi padroni. I due amici decidono allora di portarlo nella Selva.
Sarà l’inizio di un’avventura mozzafiato.

Quarta di copertina

Una bella storia da leggere per tutti.
I libri della mia amica Chiara Taormina non sono storie da leggere in solitudine, lontano dalla gente che amiamo.
Le storie che racconta e scrive Chiara Taormina sono per essere lette a voce alta, attorno al fuoco adesso che è inverno. Oppure in un giorno d’estate al calar del sole. Sono storie per essere lette da tutti e ascoltate con attenzione.
Così come questa storia di Ruggero e il suo amico Samù, che un giorno decide di aiutare un coniglio smarrito, un coniglio molto particolare, un coniglio che conosce qualcosa che Ruggero e Samù non conoscono, che si chiama affetto, tenerezza , amore che alcuni esseri umani avvertono per gli animali.
La selva, dove vivono Ruggero e i suoi amici, è un luogo sicuro, perché si trova lontano dagli esseri umani, ma decidono di aiutare quest’altro coniglio, il coniglio particolare che ha bisogno d’aiuto, e così si lanciano in un’avventura che può rivelarsi pericolosa.
Ogni tappa del percorso che intraprendono è segnata dalla bella riflessione poetica di un haiku e, come un modo per accompagnare Ruggero, Samù e Ciuffo, il coniglio speciale, la storia ci invita anche a riposare con loro rispondendo agli ingegnosi indovinelli di Maurizio Maiorana.
Come scrittore, come uomo che ama raccontare storie, so com’è difficile scrivere per i lettori di pochi anni, per i bambini e i genitori che conservano la formidabile abitudine di leggere ai propri figli.
La mia amica Chiara Taormina riesce sempre a mantenere l’attenzione e la curiosità, attraverso un modo di raccontare che ci fa partecipare e grazie a questo un libro finisce per diventare qualcosa di personale trasformandosi in un patrimonio per tutti coloro che amano le belle storie ben raccontate.
Grazie, Chiara Taormina per questa bella storia che leggerò ai miei nipoti accanto al fuoco, ora che è inverno.

Luis Sepúlveda
Gijón, ASTURIE, GENNAIO 2017

venerdì 5 agosto 2016

Il valore della fantasia


Il valore della fantasia
Heinrich Schliemann: Ho guardato fisso negli occhi Agamennone.

Un bambino vive avvolto nella fantasia, immagina che il nostro mondo malato e corrotto, sia in realtà un castello inespugnabile, dove tutto il male resta al di fuori delle mura difese dal baluardo invalicabile dell’immaginazione.
Un bambino è sedato dall’attività fervida delle mente che lo rende ingenuamente incorruttibile dalla sfiducia verso la vita.
Essere piccoli ha il fascino dell’inconsapevolezza, dell’età aurea in cui tutto è fugace sogno e angeliche illusioni cingono l’infante nella morsa del distacco dalla realtà.
Il pianto di un bambino non è il tormento del fallimento, ma è solo il richiamo rivolto alla condizione dell’adulto che non sa più gioire dei giochi, delle scoperte, della vita semplice e non avvolta dall’opaco velo del mistero.
L’infanzia è una chiara e nitida manifestazione di amore per la vita, per tutto quello che il cervello è in grado di creare al di sopra della sofferenza, al di sopra delle limitazioni imposte dalle regole sociali e relazionali.
Noi adulti dovremmo rieducarci all’evasione per poter afferrare gli aspetti sfuggenti e transitori delle cose, per poter rovistare negli spazi nascosti della mente e riappropriarci della parte più feconda del tempo: l’infanzia.
Mantenere a vita, anche da grandi, un grado dignitoso di immaturità potrebbe condurci verso l’azione liberatoria dei sogni fanciulleschi, anche perché i bambini hanno l’intuito e la forza della verità che spesso li conduce alla realizzazione totale delle loro aspettative (Es. l’archeologo Schliemann che a soli sette anni sognò che avrebbe ritrovato Troia e così fu).
Allora torniamo ogni tanto bambini e aiutiamo la fantasia a liberarci dalla schiavitù della realtà relativa dei tempi contemporanei.
La realtà è come noi la vediamo!

Chiara Taormina

martedì 26 luglio 2016

La percezione del colore: una facoltà dell’anima

La percezione del colore: una facoltà dell’anima


L’occhio umano riconosce i colori e le sfumature, in una gamma vastissima di tonalità. Ma c’è anche una relazione differente di avvicinamento e dialogo diretto che l’uomo attua nei confronti del colore, ossia la relazione percettiva che va oltre la capacità di cogliere solo con lo sguardo e la visione le differenti tinte.
Questa è una facoltà, secondo la filosofia mistica indiana, dell’anima che di sicuro non si ferma al sostrato dell’apparenza,ma scava nella profondità simbolica delle cose che ci circondano.
La simbologia dei colori ha radici molto antiche. I colori primordiali, legati allo svolgimento naturale del giorno e della notte, erano il giallo e il blu scuro. Il giallo era il colore legato alle attività umane, svolte durante il giorno, mentre il blu era il colore dell’immobilità durante il riposo notturno. In entrambi i casi si possono definire colori eteronomi perché dispongono della volontà umana.
I primitivi, invece, attribuivano alle due attività di difesa e attacco rispettivamente il colore verde e rosso. Poiché questi due colori sono legati alla volontà del primitivo di svolgere tali azioni, si possono definire autonomi.
I colori hanno avuto in tutte le culture dei significati che appartenevano al mondo trascendentale e che spesso si sono tramandati non perdendo mai la loro valenza mistico-religiosa.
Nell’arte antica e moderna il colore si abbinava fedelmente alle cose che gli artisti rappresentavano (per esempio l’incarnato della pelle veniva espresso dal colore rosa pallido, fedele alla visione reale della pelle umana), ma come in tutte le evoluzioni, col passaggio dall’arte moderna a quella contemporanea il colore subisce quasi un’involuzione, tornando al contatto percettivo col pubblico che lo vede solo come la presentazione del colore stesso. Pur senza rappresentare una forma concreta, il colore proprio per l’autopresentazione che fa di se stesso, torna a incarnare il significato simbolico che attraverso la cultura ogni individuo gli attribuisce, in un continuum spazio temporale che riabilita l’antichità nelle concezioni basilari, legando i colori all’essenza naturale e alla capacità dell’anima di saper leggere le cose per quello che sono e non per ciò che rappresentano.




















domenica 24 luglio 2016

Arte, creare o riprodurre la realtà?

Arte, creare o riprodurre la realtà?


Dipingere è un atto che conduce un pittore a creare un oggetto che prima non esisteva, se non nella mente e nell’intuizione di chi lo ha prodotto.
Così avviene anche per tutte le altre arti, l’artefice crea ex nihilo un oggetto scaturito dall’energia dell’intelletto e della sensibilità.
Concentrandoci sulla pittura, cerchiamo di visualizzare nella mente lo spazio entro cui compare la forma o l’immagine dell’opera, esso è costituito da una forma geometrica(rettangolo,quadrato, cerchio), che racchiude in un limitato campo visivo un ristretto pezzetto di realtà.
L’artista, quindi, imprigiona sul supporto geometrico la propria e legittima visione del mondo, focalizzando l’attenzione su una porzione o su un fatto circoscritto di ciò che lo circonda.
In questo caso, riportando solo l’esperienza concreta e fedele delle cose non crea uno spazio nuovo ma lo riproduce, come una copia fedele di ciò che l’occhio coglie.
Ci sono casi (arte contemporanea) in cui, invece, l’artista crea un pezzetto di spazio tutto suo, in cui racchiudere una realtà parallela e più affascinante di quella concreta perché al di là della conoscenza razionale.
In questo caso, il campo geometrico tangibile racchiude non la percezione del visibile, ma la conoscenza della propria anima che, miscelandosi alla sensibilità, sa creare un piccolo universo di emozioni imponderabili, ma assolutamente autentiche.


Chiara Taormina

sabato 23 luglio 2016

Georges de La Tour e Amleto



«To be, or not to be: that is the question;
Whether 'tis nobler in the mind to suffer
The slings and arrows of outrageous fortune,
Or to take arms against a sea of troubles,
And by opposing end them?
»
(IT)
«Essere o non essere: ecco la questione;
se sia più nobile nella mente soffrire
i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna,
o prendere le armi contro un mare di affanni,
e contrastandoli porre fine ad essi.
»
(Amleto, atto III, scena I)


Era il 1602 quando il genio di Shakespeare concepì una delle sue più famose e dibattute tragedie nella storia della letteratura: Amleto. L’opera, infatti, si è prestata a diverse interpretazioni, divenendo uno dei drammi più rappresentati sui palcoscenici di tutto il mondo.
Amleto è un personaggio poliedrico, ricco di sfumature e caratterizzato per la sua indecisione che lo porta a contemplare persino la morte, come cessazione delle pene terrene.
Da molti è stato visto anche come un personaggio filosofico che in alcune punti chiave dell’opera si interroga sul significato e senso dell’esistenza.
Nel pensiero di Amleto sembrano confluire tre correnti filosofiche differenti: il relativismo, l’esistenzialismo e lo scetticismo.
Il relativismo gli suggerisce l’idea che il Bene e il Male, intesi come principi imperanti nelle vicende terrene, non esistano, ma siano il frutto di un processo mentale, di conseguenza è l’uomo che li crea nella sua visione della vita.
Il concetto per cui non vi è nulla di reale a parte l’intelletto ci riconduce ai Sofisti greci, che sostenevano la realtà percepibile solo attraverso i sensi, onde per cui non esistono verità assolute, ma solo verità relative.
L’esistenzialismo amletico si ricollega al famoso monologo “essere o non essere” ove “l’essere” è inteso come la vita e l’azione, invece, il “non essere” come la morte e la mancanza di azione.
La contemplazione della morte è legato al pensiero religioso della continuità della vita dopo la morte, attraverso il percorso dell’anima imperitura.
Letteratura ed arte si fondono, con profonda armonia nelle scene del quotidiano. Da sempre i grandi maestri dell’arte hanno miscelato il loro pensiero alle correnti filosofiche e i loro soggetti, come in una tragedia .letteraria, hanno rappresentato le fasi storiche e sociali del loro tempo.
Ho voluto fare questa premessa per allacciarmi ad un piccolo gioiello dell’arte del XVII sec: Georges de La Tour e la sua Maddalena penitente. Nel teschio illuminato da una fioca candela percepisco la visione relativista amletica: il bene e il male sono il frutto della mente umana. La morte è una condizione inesplorata, misteriosa e inaccessibile se non attraverso la diretta sperimentazione senza ritorno.
Possiamo considerarla come la cessazione della vita, quindi la grande nemica della continuità esistenziale, oppure possiamo guardare verso di essa senza ansia o paura, trovare nell’idea che sia la pace dalle pene, dalle insicurezze e indecisioni terrene, la nostra più semplice e naturale consolazione. Pertanto percepiamo la vita in modo autonomo, attraverso i sensi che acuiscono le emozioni e anche i timori.
La morte “la non azione” è rappresentata con forza mistica dall’azione del dipingere “ la vita”.
Inscenare in pittura un grande dramma collettivo non è mai cosa semplice e trovare la giusta formula per offrire una sana contemplazione del non “ Visibile” è una rara manifestazione di maturità interiore, oltre che artistica.
Poco sappiamo della vita del pittore e di come concepì l’eredità caravaggesca: forse soggiornò in Italia, dopo ebbe modo di conoscere le opere del caposcuola italiano durante un viaggio a Roma o, forse, fu influenzato dagli artisti olandesi, loro stessi seguaci del Merisi. Le ipotesi restano aperte. In ogni modo, La Tour testimonia l’enorme influenza che il pittore italiano esercitò in tutta Europa, a partire dal primo decennio del Seicento.

Chiara Taormina

Biografia

Chiara Taormina nasce a Palermo nel 1973 dove vive e lavora. 2013 Cammy e il tempio del sole (Edizioni Il Ciliegio) 2014 Zeus e la ...